Termine tecnico usato per indicare un modello di analisi e uno strumento operativo per tradurre in atto il rapporto emigrazione e sviluppo.
Si tratta di un modello, basato su considerazioni empiriche che indica, al tempo stesso, le diverse sequenze del processo migratorio (migrazione, insediamento, eventuale ritorno), come apporto allo sviluppo e trasmissione di qualifiche, reinserimento nelle aree di origine, ecc., il legame che le unisce e gli effetti cumulativi derivanti dal processo. “Organizzare” la catena migratoria significa cercare di trarre dalle varie sequenze e dall’insieme dalla catena quegli effetti che accrescono le possibilità di scelta dei lavoratori. Due testi fondamentali sui principi della catena migratoria e su un modello di meccanismo di reinserimento sono state elaborate nel 1976 dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). L’organizzazione della catena migratoria deve prendere contestualmente in considerazione i movimenti di manodopera e la circolazione dei capitali, compreso il risparmio degli emigranti. Questo comporta una concertazione e una cooperazione tra paese di emigrazione e paesi di immigrazione.
La “catena migratoria” non va confusa con la migrazione a catena: termine che indica il flusso continuo di emigrazione da una determinata zona (villaggio o regione) in un’altra zona e che perdura per un certo periodo, fenomeno alimentato per il processo di informazione – comunicazione – richiamo, che si sviluppa tra la comunità emigrata e la parentela o il vicinato del paese di origine.
Antonio Perotti