Termine adoperato in due sensi alquanto diversi. L’espressione “coesione sociale” è impiegata per designare il fenomeno della solidarietà sociale ovvero il senso di unità di gruppo. Ma può anche essere usato per indicare il fenomeno dell’integrazione sociale, ovvero il modo in cui le istituzioni di una società funzionano come un insieme coordinato.
Secondo E. DURKHEIM, che ha consacrato tutti i suoi studi a queste questioni, “una società è più o meno integrata (cioè coesa) nella misura in cui la solidarietà organica (l’interdipendenza alla complementarità funzionale delle persone e dei gruppi) vi è più o meno sviluppata in termini di interrelazioni interne, di condivisione dei valori e del consenso sugli obiettivi. L’integrazione si oppone, nella concezione teorica di DURKHEIM, a anomia, definita come crisi o rottura di queste interdipendenze, sia come insufficienza o perdita di norme, di regole e di organizzazione sociale. Questa anomia provoca una indeterminazione degli obiettivi e un disorientamento nei comportamenti per l’assenza di limiti imposti ai diritti individuali. Questo significa che, per DURKHEIM, i membri di una società, e dunque gli individui, sono tanto più facilmente integrati in una società nella misura in cui questa è essa stessa integrata: l’integrazione dell’insieme assicura, di fatto, una funzione integratrice per le parti: sia che si tratti di immigrati che di autoctoni. Secondo questa concezione, i sistemi socioculturali possono avere livelli di integrazione più alti o più bassi, specialmente in situazione di acculturazione e mutamento.
I sociologi americani T. PARSON e R. K. MERTON concepiscono l’integrazione, sulla scia di DURKHEIM, come una funzione propria del sistema sociale che la assicurerebbe in una maniera strutturale attraverso il diritto.
L’anomia, in questa percezione, sarebbe il risultato non tanto dell’indeterminazione dei fini (DURKHEIM), quanto della contraddizione tra gli obiettivi assegnati dalla società e i mezzi disponibili e leciti per raggiungerli.
Questa contraddizione condurrebbe, secondo i due sociologi, a dei fenomeni di disfunzione nei riguardi della società globale e negli stessi gruppi che compongono la società. Per Alain TOURAINE, il concetto di integrazione si accompagna a quello di “inclusione sociale”. L’integrazione, in questo caso, si oppone non all’anomia, ma all’esclusione sociale definita “come il cumulo di privazioni (risorse, relazioni sociali, mezzi di partecipazione), esclusione (dallíimpiego, dalla scuola, dalla città…) addizionate spesso alla segregazione sociale e/o etnica”.
Esistono degli ostacoli all’integrazione più o meno importanti che possono essere sanzionati giuridicamente (esclusione da certi diritti, politici o sociali), o istituzionalmente (discriminazione nellíoccupazione, nell’alloggio, nei servizi sociali; ostacoli nella riuscita scolastica e nella formazione professionale) o nelle pratiche sociali quotidiane (razzismo, rifiuto, trattamento sprezzante).
DE RUDDER, Véronique.
Antonio Perotti