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COLONIALISMO ED IMPERIALISMO

Per centinaia di anni nessuna società umana si è pensata utilizzando il concetto di sviluppo. Secondo gli studiosi ciò è avvenuto a partire dalla rivoluzione industriale (che ha caratterizzato la modernizzazione dell’Europa occidentale e la nascita del capitalismo) e dal pensiero illuminista prima e positivista poi.

Dalla metà dell’800 in poi il pensiero positivista iniziò a pensare ad una “graduatoria” delle diverse società mondiali basata sul diverso utilizzo del pensiero scientifico. Secondo la famosa legge dei tre stadi di A. Comte tutte le società del pianeta si potevano collocare lungo una scala che prevedeva tre gradini:

  • lo stadio teologico
  • lo stadio metafisico
  • lo stadio positivo.

Secondo il positivismo le società più avanzate erano, ovviamente, le società industriali e positive (che facevano cioè ricorso a spiegazioni scientifiche) mentre le altre società erano considerate più arretrate.

Il processo di modernizzazione che aveva sconvolto l’Europa era visto come un mutamento radicale e veniva giudicato positivamente: si pensava che ogni male e ogni problema dell’umanità potesse essere risolto mediante la scienza. I motivi di questa idea erano sotto gli occhi di tutti: la rivoluzione industriale stava radicalmente cambiando la vita dei cittadini europei. L’industrializzazione, la crescita della produzione di beni e servizi, l’urbanizzazione, l’aumento della differenziazione sociale, le grandi scoperte scientifiche che permettevano di vincere millenarie malattie mortali, lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, l’aumento dell’alfabetizzazione, le rivoluzioni liberali in politica… erano tutti processi che facevano pensare alla cultura europea di rappresentare non solo il punto più avanzato dello sviluppo delle società umane ma anche il termine di riferimento per tutti i popoli del mondo.

Le parole più in voga, a quei tempi, furono progresso e civilizzazione.

L’idea era semplice: i paesi occidentali erano i più avanzati, i più progrediti, i più civilizzati. Tutte le altre società del pianeta potevano seguirne le tracce ripercorrendo la stessa strada (evoluzionismo unilineare). Non solo, in questo periodo la cultura europea ritenne di essere chiamata ad una missione storica, quella di civilizzare gli altri popoli, di avviarli verso il progresso e il benessere. Secondo alcuni studiosi l’idea di sviluppo che nasce in questi anni in Europa è un’idea “religiosa”: il progresso diventa una fede “laica” a cui convertire tutto il mondo eliminando le differenze culturali che assumono la valenza negativa di arretratezza.

Queste, ed altre motivazioni più di ordine economico e geopolitico, stanno all’origine del colonialismo prima e dell’imperialismo poi. L’Africa e l’Asia divennero terra di conquista delle varie potenze coloniali che da un lato sfruttavano a bassissimo costo le materie prime dei paesi colonizzati e dall’altro pensavano di civilizzare (anche mediante l’apporto della religione cristiana: come si diceva allora si trattava di civilizzare per evangelizzare o di evangelizzare per civilizzare).

L’orrendo massacro della prima guerra mondiale mise fine all’utopia positivista di un’età del benessere e della pace ma non al colonialismo che per molti paesi continuò in forma diretta sino agli ’60 (decolonizzazione) ed in forma indiretta nei decenni successivi (zone di influenza, uso del mercato economico, uso degli aiuti e della politica di cooperazione: neocolonialismo) malgrado già dalla fine dell’800 il “particolarismo storico” prima ed il relativismo culturale poi avessero messo radicalmente in crisi il presupposto teorico della missione civilizzatrice dell’occidente.

Aluisi Tosolini

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