Etimologicamente con “comunicazione” si intende “porre in comune”, quindi condividere, scambiare. L’essere umano non comunica solo con la parola, ma anche con tutti i suoi comportamenti, mediante ogni manifestazione, sia a livello cognitivo che emotivo (P. Watzlawik asserisce che non è possibile non comunicare). In un certo senso, comunicare equivale anche ad “interagire”, ossia influenzarsi reciprocamente. L’aggettivo “interculturale” aggiunto al concetto di comunicazione, rimanda alla modalità di comunicare fra soggetti con retroterra culturali e linguistici differenti, mediante la quale è possibile innescare un processo che presuppone la messa in relazione, l’interazione, lo scambio, il dialogo sul piano culturale e dei valori.
Nonostante le ricerche sulla comunicazione interculturale siano alquanto recenti, esistono numerosi autori che mettono in luce una serie di problemi comunicativi fra esseri umani di diversa appartenenza linguistica, sociale e culturale: Rehbein (1985) mostra molti di questi problemi, muovendo dall’analisi di colloqui multiculturali; Kim (1986), dopo aver studiato modi diversi di assumere contatto e di codificare e decodificare messaggi verbali e nonverbali, preferisce parlare di “comunicazione interetnica”, anziché interculturale; Hall (1985), in seguito a studi etnologici e semiotici sul significato culturale della tonalità, dell’espressione facciale e della postura, mostra come reazioni aggressive scaturiscano spesso da un modo errato di interpretare la comunicazione.
Ovviamente mediante l’educazione e la formazione si dovrebbe cercare di pervenire ad una forma corretta di comunicazione interculturale. Essa, così come esplicitato con i concetti pedagogia interculturale ed educazione interculturale, dovrà avvenire nel pieno rispetto reciproco, senza pretesa di superiorità e ponendo attenzione ai rischi della xenofobia e della xenofilia.
Agostino Portera