La discriminazione positiva, a differenza della negativa, generalmente ha dei risvolti positivi (si pensi ad esempio all’importanza dell’effetto Pigmalione, in cui l’insegnante nutre aspettative positive verso l’alunno). Ogni essere umano, per un sano sviluppo della propria personalità, necessita di essere accettato, amato e stimato. Se l’educatore nutre delle aspettative positive, questo generalmente favorisce la fiducia e la stima anche nell’educando. Specialmente in contesto migratorio o multiculturale, in cui sono frequenti i casi di insicurezza e di paura, un tale atteggiamento non può non giovare all’educando ed al rapporto con l’educatore.
Il problema subentra nel momento in cui tali atteggiamenti si avvicinano alla xenofilia, ossia quando l’educatore premia e gratifica, in maniera acritica, tutto ciò che è esotico o tutto ciò che viene prodotto dal bambino straniero. In questi casi non solo non si assolve adeguatamente al proprio ruolo di educatore e di formatore, ma si elude quel confronto interpersonale che per essere propositivo alla crescita deve anche essere “sanamente” conflittuale.
A livello politico-amministrativo il concetto di discriminazione positiva riguarda tutte le misure (introdotte soprattutto in ambienti anglosassoni) che le autorità pubbliche prendono al fine di proteggere certe categorie di persone svantaggiate (ad esempio, gli immigrati), allo scopo di realizzare una uguaglianza di fatto che la semplice uguaglianza di diritto non riesce ad assicurare (misure che favoriscono la formazione, l’alloggio, l’occupazione ecc.).
Agostino Portera