Nell’accezione più generale, designa un gruppo subalterno o marginale che può essere definito in termini razziali o etnici (vedi etnicità), oppure in base ad alcune caratteristiche particolari che lo stigmatizzano (GOFFMAN E.) identificandolo come gruppo carente, marginale, o in qualche modo escluso dalla partecipazione piena e normale alla vita sociale.
In questo senso i gruppi minoritari non sono necessariamente minoranze dal punto di vista quantitativo. Essendo il criterio di minoranza determinato dallo status subalterno o marginale più che dal numero, questi gruppi possono essere più numerosi della “maggioranza”.
Tuttavia, quest’uso del termine può generare confusione dove i gruppi subalterni costituiscono la maggioranza numerica.
Per ROULAND N., studioso del problema delle minoranze “non esistono minoranze in sé: esse si definiscono solo strutturalmente”. Sono dei gruppi messi in situazione minoritaria a motivo dei rapporti di forza e di diritto, che li sottomettono ad altri gruppi in seno ad una società globale dei cui interessi si fa carico uno Stato che opera la discriminazione, sia per mezzo di status giuridici ineguali (politiche di apartheid), sia grazie ai principi di ineguaglianza civile. Privando di diritti specifici le collettività la cui situazione sociale ed economica è particolare, l’ineguaglianza civile può creare o perpetuare le ineguaglianze di fatto.
Una accezione più precisa del termine di minoranza è quella giuridica, usata dalla Commissione europea per la democrazia del diritto nella redazione del progetto per una convenzione europea per la protezione delle minoranze.
All’articolo 3 di tale progetto, si dice che ai fini della Convenzione il termine “minoranza” designa un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione di uno Stato, i cui membri, che hanno la nazionalità di questo Stato, possiedono caratteristiche etniche, religiose o linguistiche differenti da quelle del resto della popolazione e sono animate dalla volontà di preservare la loro cultura, le loro tradizioni, la loro religione; ogni gruppo corrispondente agli elementi di questa definizione deve essere trattato come minoranza etnica, religiosa o linguistica; l’appartenenza a una minoranza è una questione che rileva da una scelta personale, e nessun svantaggio può risultare da una tale scelta.
Sotto questa accezione giuridica posono essere annoverate le “minoranze nazionali territoriali” e le minoranze non territoriali.
La minoranza nazionale territoriale è definita dalla Commissione delle questioni giuridiche dei Diritti dell’uomo dell’Assemblea parlamentare dei Diritti dell’uomo come “un gruppo di persone che risiedono sul territorio di uno Stato e ne sono cittadini; che hanno legami antichi, solidi e durabili con questo Stato; presentano caratteristiche etniche, culturali, religiose o linguistiche specifiche; sono sufficientemente rappresentative, benché meno numerose del resto della popolazione di questo Stato o di una regione di questo Stato; sono animate dalla volontà di preservare insieme ciò che costituisce la loro identità comune, specialmente la loro cultura, le loro tradizioni, la loro lingua”.A queste devono essere aggiunte le minoranze non territoriali, che vivono in diaspora , come i Roms (gitani), gli Ebrei, gli Armeni… Le minoranze nazionali territoriali e quelle non territoriali vengono pure definite “minoranze storiche“, riferendosi all’evoluzione storica della loro origine.
ROULAND, N.; GOFFMAN, E.
Antonio Perotti