Termine che ha due significati principali: l’uno legato alla nazione/stato e dice riferimento alla cittadinanza giuridica e il secondo legato al concetto di nazione che include il concetto più ampio di coscienza storica e appartenenza identitaria collettiva.
Nella sua prima accezione giuridica la “nazionalità” designa il legame giuridico tra una persona e uno Stato e si confonde con il termine di “cittadinanza” e non indica l’origine etnica o culturale della persona. È solo in questo senso che si può parlare giuridicamente di “pluralità di nazionalità” o di “doppia nazionalità”, termini che designano la possessione di due o più nazionalità da parte della stessa persona.
È la nazionalità come legame giuridico tra una persona e uno Stato che è l’oggetto della Convenzione europea sulla nazionalità del Consiglio d’Europa firmata il 6 novembre 1997 da 17 Stati membri, tra cui l’Italia. Per il diritto internazionale compete a ogni Stato determinare nella propria legislazione quali sono i suoi cittadini, entro il quadro del diritto internazionale vigente. Le regole sulla nazionalità di ogni Stato firmatario della Convenzione europea sulla nazionalità devono, ad esempio, essere fondate sui principi seguenti:
a) ogni individuo ha diritto ad una nazionalità;
b) deve essere evitata l’apatridia (non appartenenza giuridica a nessun Stato);
c) nessuno può essere privato della propria nazionalità;
d) né il matrimonio, né la dissoluzione del matrimonio tra un cittadino di uno Stato membro e uno straniero, né il cambiamento di nazionalità dell’uno dei congiunti durante il matrimonio possono avere effetto automatico sulla nazionalità dell’altro congiunto.
Per attribuire la nazionalità, gli Stati membri utilizzano quattro criteri principali, che sono segni del legame potenziale dell’individuo allo Stato: il luogo di nascita, detto anche “diritto del suolo” dal latino “ius soli”; il legame di filiazione, ossia la/le nazionalità dei genitori, detto anche “diritto del sangue” dal latino “ius sanguinis”; la situazione matrimoniale (essere sposati con un cittadino dello Stato rispettivo); la residenza passata, presente o futura o una durata di soggiorno più o meno lunga sul territorio dello Stato.
La nazionalità, in un senso più largo (etnologico e politico) è un concetto dinamico, intermediario tra l‘etnia e la nazione e si definisce nello stesso tempo sia come coscienza storica (sentimento di una comunità di territorio, di lingua e di tradizione), sia come volontà di vivere insieme e sia come aspirazione politica. È questo progetto storico-politico che distingue la nazionalità dall’etnia. Oggi si assiste, tuttavia, al fatto che all’interno di numerose etnie si rivendichi non solamente il diritto all’esistenza, ma il diritto di essere soggetti della storia, di diventare nazioni, pur rifiutando le strutture monolitiche dello Stato. Si assiste così, sotto l’effetto del sentimento di nazionalità, a uno slittamento semantico significativo che mostra che i termini di etnia e di nazione sono in piena evoluzione e che non si può fissarli entro definizioni rigide per la semplice ragione che i loro campi semantici tendono a sovrapporsi almeno parzialmente.
La nazione, come realtà storica, deve distinguersi dal nazionalismo. Questo termine designa sia la rivendicazione delle etnie a essere riconosciute come nazioni, sia a fare coincidere la comunità storico-culturale (o etnia) con l’organizzazione politica, sia la volontà di potenza delle nazioni già costituite per affermarsi a spese delle altre. Spesso le critiche indirizzate contro le nazioni riguardano i nazionalismi.
SCHNAPPER, Dominique
Antonio Perotti