Questo è forse l’approccio pedagogico maggiormente noto ed applicato didatticamente. La pluricultura rimanda all’effettiva esistenza di etnie e di culture differenti, ed include anche il concetto di irripetibilità e di non componibilità di ciascuna cultura, nonché il diritto ad una propria autonomia culturale.
Nell’ambito di tale approccio, definito del multiculturalismo, muovendo dalla situazione di fatto, la presenza di due o più culture, si studiano soprattutto le differenze negli usi, costumi, lingue, tradizioni, ecc.. Tale informazioni di base contribuiranno non solo ad individuare comunanze e differenze fra i vari gruppi etnici e culturali, ma offriranno spunti per un’educazione al rispetto e al riconoscimento dei diritti degli altri. L’intervento educativo, attingendo dal modello del relativismo che riconosce la pluralità culturale e ne sottolinea la specificità, si configurerebbe come sensibilizzazione alle molteplici culture presenti, offrendo spunti mediante i quali si potrebbero e dovrebbero combattere fenomeni come l’etnocentrismo, il razzismo o la xenofobia.
A prescindere dalle difficoltà a recensire tutte le singole culture e a definirne nettamente i limiti, il rischio principale di tale approccio scaturisce dal considerare le culture in maniera rigida e statica. In molti casi, si corre il pericolo di limitare l’intervento educativo in presentazioni esotiche e folcloristiche che condurrebbero inevitabilmente a fissare sempre più i soggetti alle presunte “culture d’origine”; ossia verso modalità e standard comportamentali talvolta superati persino nel Paese di provenienza. La pedagogia non può limitarsi a proporre degli interventi a carattere prettamente descrittivo, promuovendo una convivenza, più o meno pacifica, gli uni accanto agli altri, tipo “condominio”, di persone diverse che, pur convivendo e conoscendosi più o meno approfonditamente, non hanno l’opportunità di interagire, di influenzarsi a vicenda.
Agostino Portera