Tendenza a identificare impropriamente come “razze” (concetto non operativo dal punto di vista scientifico) le varietà della specie umana.
Dal punto di vista antropologico, esso consiste in una biologizzazione e classificazione gerarchica delle differenze nel patrimonio genetico di individui e gruppi, al fine di affermare la presunta superiorità di una “razza” sull’altra (razzismo “biologico”).
Attualmente, mentre questa forma di razzismo pseudo-scientifico è divenuta più rara, si riscontra una sua trasformazione ideologica consistente nella assolutizzazione delle differenze culturali, considerate incompatibili (razzismo “culturale” o differenzialismo).
Sia il razzismo classico, sia tale neo-razzismo esigono la riduzione dell’individuo alle caratteristiche del suo gruppo, la stigmatizzazione delle differenze e la separazione/esclusione tra gruppi (apartheid).
Dal punto di vista socio-storico, il razzismo è un fenomeno arcaico (l’altro come “selvaggio”) ma anche frutto di una ideologia della modernità (XIX-XX secolo).
Infine, il razzismo può presentare vari livelli di diffusione in una società; si potrà parlare allora di infrarazzismo quando esso è ancora disarticolato, di razzismo frammentato, se perviene ad essere quantificabile; politico, quando viene catalizzato da un movimento; infine totale quando plasma la vita di un intero stato.
Wievorka, Adorno, Taguieff.
Milena Santerini