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STRANIERO (diritti)

Per straniero, da distinguere da migrante e da immigrato, si intende la persona che non possiede la cittadinanza del paese in cui risiede, qualunque sia il suo luogo di nascita. Questa è la nozione dal punto di vista giuridico, amministrativo: essa dice rapporto ad uno Stato. La definizione moderna dello straniero risale all’apparizione dello Stato/Nazione e non ha pressoché subito dei cambiamenti da allora, malgrado le trasformazioni che hanno interessato la condizione sociale concreta degli stranieri.

Questa definizione rimane pur sempre fondata sullo stesso elemento centrale: l’alterità, che resta da un capo all’altro della storia l’essenza dello straniero.

Lo straniero, ancora prima di essere un concetto giuridico è una categoria sociale, ma la definizione giuridica dello straniero agisce a sua volta sull’immagine che la collettività si fa di lui, la modifica impercettibilmente, traccia una frontiera più rigida e più visibile tra lui e gli altri.

La condizione sociale dello straniero si esprime nello statuto giuridico; ma reciprocamente il diritto assegna allo straniero un posto determinato nella società e lo rinchiude nella situazione di marginalità, legittimando per di più le discriminazioni che lo colpiscono facendole apparire come naturali e normali perché previste e codificate nei testi. La doppia dimensione del diritto, riflesso del sociale e produttore del sociale, spiega come lo statuto giuridico degli stranieri riproduce nella sua struttura stessa il posto che essi occupano nella società: statuto d’eccezione, fuori della legge comune, esso traduce e rinforza l’esclusione di colui che non appartiene al gruppo già costituito; statuto discriminatorio, traduce e conforta il suo stato di inferiorità.

Nel diritto che concerne gli stranieri vi è, inoltre, una componente che subisce in pieno i rischi della congiuntura politica e economica, che non si può cogliere che a breve o a brevissimo termine. Oggi, in particolare, dove il problema degli stranieri è sempre meno posto in termini di statuto giuridico e sempre più in termini di politica di immigrazione, la legislazione tende a essere subordinata agli obiettivi economici, demografici o diplomatici del paese di accoglienza e a registrare fedelmente le più piccole variazioni della congiuntura.

Lo Stato/Nazione ha sigillato, in maniera duratura, la sorte dello straniero. Non che la sua situazione sia degradata, ma l’emergenza dello Stato/Nazione, cristallizzando la distanza che separa lo straniero dal nazionale, ha rinchiuso lo straniero nella sua condizione in modo ancora più irrevocabile e più efficace che nel passato. Ogni progresso politico e giuridico compiuto nel quadro dello Stato – la libertà, l’uguaglianza, la democrazia… – è stato concepito e attuato a beneficio esclusivo dei membri della nazione, gli altri essendo estromessi dallo stato di diritto.

Il dramma dello Stato/Nazione, afferma Hannah ARENDT, è stato che la coscienza nazionale nascente è venuta a interferire con la funzione suprema dello Stato che aveva il compito di garantire all’uomo i suoi diritti; di maniera che i diritti dell’uomo non furono protetti che in quanto diritti nazionali e che lo Stato si è trasformato parzialmente da strumento della legge in strumento della Nazione.

LOCHAK, D. W.

Antonio Perotti

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